Nostalgia di 5Pointz, la fabbrica dei graffiti a New York

Long Island city, Queens. New York, naturalmente. Ci ero finito davanti almeno due o tre volte. Guardavo estasiato quella vecchia fabbrica ricoperta di graffiti da cima ai piedi. Nessun segno di presenza umana, là dentro. Scattavo qualche foto, sentendo lo sferragliare continuo dei treni della subway, in sopraelevata. Poi, attraversavo la strada per entrare nello PS1, la sede staccata dello stupendo MOMA, il museo d’arte moderna. Una specie di “off Broadway”, questo era ed è il Ps1. Con mostre spesso spettacolari, in una location da architettura industriale.

Quando finalmente mi sono deciso a capire meglio cosa fosse quell’edificio, sono entrato (dalla porta di servizio, beninteso) nel magico monto di 5 Pointz. Cinque come i quartieri di New York: Manhattan, Bronx, Queen, Brooklyn e Staten Island. The Institute of Higher Burning, così l’avevano ribattezzato. Il boss, chiamiamolo così, è Meres One. Graffitaro, ovviamente. Nato nel Bronx, cresciuto nei Queens.

meresone

E’ il 2001, quando Meres One “occupa” con i suoi quel vecchio edificio di LIC, Long Island City. Abbandonato, cadente, anzi pericolante. Inizia come tante altre storie, semplicemente “disegnando” murales lungo le pareti. Tutte le pareti. E poi sui tetti, sopra le vetrate. All’interno, non si entra o quasi: c’è solo una scala sicura, che porta sul tetto dal quale la vista sullo skyline di Manhattan è favolosa. Negli anni, Meres One trasforma quella galleria d’arte di strada in una vera e propria scuola. I ragazzini che “sfregiano” i treni della subway o i palazzi signorili rischiano la galera, con le loro bombolette. Ma allora, perché non sfruttare quell’edificio?

Dai ragazzi di strada ai graffitari più celebri al mondo

Va bene, direte voi, ma quando le pareti sono tutte ricoperte che si fa? E qui sta la mossa geniale: si cancellano i graffiti meno importanti. Si tengono solo quelli più belli. Perché all’occhio esperto, di differenza ce ne corre, eccome. E poi c’è un altro fatto: la fama di Five Pointz si spande in tutto il mondo, graffitari arrivano da ogni angolo a New York per lasciare la propria firma qui, nell’Università della Street-art. Infine, ultimo step: anche gruppi di appassionati e turisti possono per così dire esibirsi. Meres One e i suoi offrono corsi: tu paghi le bombolette e le lezioni, ti prendi un pezzo di muro, componi e scatti una bella foto ricordo. La mattina dopo, addio opera: tocca a qualcun altro.

corsisti

Già, ma cosa c’è da visitare, se l’edificio – una vecchia centrale termica – è chiuso e inagile? E qui, la fortuna mi aiuta. Perché cercando informazioni in rete mi imbatto in Sidetour, una sorta di agenzia alternativa che a New York organizza tour alternativi per visitatori “scafati”. Che so, la visita guidata alle gallerie d’arte di Chelsea piuttosto che la New York del crimine assieme a un vero detective. Oppure, un’occasione unica: Meres One che ti guida alla scoperta di 5 Pointz e dei suoi segreti.

turisti

E’ così che me lo sono ritrovato davanti, assieme a uno sparuto gruppo di altri “turisti”. Gentile e affabile, per niente snob come vorrebbe il cliché dell’alternativo. Ci ha spiegato le tecniche, dall’aerosol (le classiche bombolette spray) allo stencil, dal mosaico al neorealismo, dal puntinismo al wildstyle. Ci ha raccontato la storia: di se stesso, di 5 Pointz, dei suoi ragazzi tolti dalla strada. Alla fine, era l’estate del 2012, ci ha fatto firmare la petizione per impedire che il proprietario dell’edificio, un riccone di Long Island, potesse buttar giù tutto e costruire due enormi torri residenziali. Una petizione indirizzata alla Landmarks Preservation Commission di New York in cui si chiedeva di dichiarare l’interesse storico architettonico culturale del complesso, scongiurandone così la demolizione.

edificio

Come è finita, dovreste averlo capito. I palazzinari vincono sempre. E il rispetto della proprietà privata è sacro: è mio, ci faccio quel che voglio io. Sembra filare, no? Ma non è così, non proprio. Perché abbattere la Fabbrica dei Graffiti – dopo averla imbiancata, uno sfregio che sa di rivincita –  è stato come dire a quei tanti ragazzi: tornatevene in strada, quello è il vostro posto.

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